ARKÈ
Linee semplici e fluttuanti che si intersecano tra loro,
cura e attenzione nella scelta di materie pregiate
tutto per realizzare un oggetto di design da apprezzare e vivere nel quotidiano.
La gamma di prodotti firmati VeroLegno si amplia con la nuova libreria dell'architetto e designer Maurizio Gattabuia:
ARKÈ
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Linee semplici e fluttuanti che si intersecano tra loro, cura e attenzione nella scelta di materie pregiate,
tutto per realizzare un oggetto di design da apprezzare e vivere nel quotidiano.
Vieni nel nostro showroom in via Picinella snc - 03033 - Arpino - Frosinone o contattaci per ulteriori Informazioni.
Non a caso quella di Albini si chiama “veliero”. Ebbene sì non posso che essermi ispirato a quella bellissima libreria che Albini realizzò nel 1938. Era l' era delle linee fluttuanti, era stato Balla per primo ad introdurre il gioco di fili nel programmatico “ complesso plastico colorato di linee forza” che appare nel suo manifesto del 1915, negli anni '30 ricordiamo la poetica “scultura 17” di Melotti, del 1935, col gioco di fili all' interno e all' esterno d' un telaio trilitico. Erano gli anni in cui si sperimentava. In Albini si hanno strutture “appese” oppure ancorate al pavimento o alle pareti come le celebri scale appese ai fili come marionette inaugurate dal prototipo di villa Neuffer a Ispria nel 1940.
Poi c' è il gioco, la sfida, come il “veliero” più adatta a salpare verso lidi immaginari, che a rispondere a funzioni reali. Un gioco però dettato dalla ragione, dalla logica intrinseca che è in tutte le cose. Una forma quasi spontanea, a tal proposito voglio ricordare la lampada “falkland” di Munari, esempio eccelso di design per l' industria, “ ... una forma di naturalezza industriale, dettata dalla semplicità e dalla economia costruttiva. C' è un limite oltre il quale non si può andare, nel senso della semplicità costruttiva ed è eccitante arrivare a quel punto.”
Poi c' è il non design, quello legato alla pura speculazione, alla logica del mercato o meglio alla non logica, cito testualmente da “ l' arte come mestiere” di Munari: “.... Sono andato in giro per negozi di regali fantasia a vedere che cosa c' era. Vedo in un negozio uno stivale di ottone, misura 52 (circa) ; ne vorrei un paio, dico. Ne abbiamo uno solo, Signore. Ma come si fa? Ma non è uno stivale da usare come stivale, è un portaombrelli, dice sorridendomi.
Io resto tutto confuso per la gaffee, quasi inciampando in un gatto di marmo decorato a fiori, che fa da fermaporte, esco dal negozio. Ormai ho imparato.
Un portacenere a forma di mano femminile, un ferro da stiro di ceramica decorato a nondiscordardimè, di quelli a carbonelle, per mettere i cioccolatini, una assicella per tagliare il salame, a forma di porco, un cavatappi a forma di coda di porco con porco-manico di ottone,
un portacenere a forma di casetta col camino dal quale esce il fumo della sigaretta posta dentro la porta d' ingresso al pianterreno... Non sono certo oggetti progettati da designers non hanno una così fervida fantasia, loro si limitano a fare un candeliere a forma di candeliere.” Mi trovavo qualche anno fa nel piccolo museo di Palinuro , dove tra i vari reperti locali databili tra il V e VI sec. A.C. , notai due piccoli stivali di terracotta, domandai alla guida “ ma quegli stivali servivano per la vestizione mortuaria di un bambino?”
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“ No Signore, sono dei boccali da vino”
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“ dei boccali da vino! Caro Munari a quanto pare non è cambiato molto da qualche secolo a questa parte!, e allora come tu dirai: compriamo una pipa che sia una pipa, accendiamo con un fiammifero che sia un fiammifero, un candelabro che sia un candelabro, prendiamo del tabacco che sia tabacco, mettiamolo nella pipa-pipa. Il tutto su di un vassoio che sia un vassoio, sul tavolo-tavolo vicino alla poltrona-poltrona e leggiamo un bel libro-libro; ......... non dopo esserci sfilati degli stivali che siano degli stivali!